E' un fatto innegabile che uno dei nomi tipici di Terlizzi, che ha avuto una diffusione che non si riscontra altrove, è quello di Gioacchino insieme al nome del Santo Patrono Michele (come quello di Corrado a Molfetta e Biagio a
Ruvo).
La diffusione è legata al particolare culto che i
terlizzesi avevano per il Santo, risalente senza alcun dubbio all'inizio del '700, e che si estese e consolidò grazie all'opera del Cantore Francesco Paolo
Confreda, influente personalità del tempo.
Affondando sempre più
profondamente le sue radici, la devozione verso il Santo papà della Madonna prese forma e consistenza nelle
celebrazioni liturgiche che si fecero sempre più frequenti e solenni nella nuova chiesa della
Confraternita, dove ben presto venne collocato un gruppo statuario
raffigurante S. Gioacchino, dalla dolce espressione paterna, che reca per mano Maria bambina per presentarla al Tempio. Essa risale al 1697 e fu scolpita ad Andria da Francesco
Antolini.



Già prima del 1750, in occasione della festa del Santo, venivano organizzati fuochi d'artificio e
luminarie; ma la prima processione risale al 1762, come risulta da una richiesta presentata dalla
Confraternita al Vescovo. La petizione,
favorevolmente accolta dal Vescovo, metteva in risalto una tradizione ormai acquisita nel culto dei
terlizzesi.
Siamo a conoscenza dell'antico itinerario (i nomi delle strade sono quelli attuali):
Chiesa di S. Ignazio, Via Mazzini, Via Poerio, Via Vittorio Veneto, Chiesa di Santa Maria la Nova, Corso Vittorio Emanuele II, Piazza Cavour, Corso Umberto I (sotto l'antica Portella), Piazza Mons. Tonino Bello, Via Paolo Rutigliani, Chiesa del Purgatorio (Piazza Plebiscito), Corso Dante, Via Mazzini, Chiesa di S. Ignazio.
l'itinerario
Ad essa doveva
parteciparvi anche il Capitolo Cattedrale che interveniva solo alle processioni del Rosario e del Carmine e a quella in onore della Madonna di
Sovereto che rifiorì dopo il 1722.
I diversi riti, proposti allo svolgimento della festa, facevano gara a renderla sempre più ricca e attraente cercando di emulare persino la stessa Festa Maggiore già
caratterizzata dalle prime edizioni del Carro Trionfale in onore della Patrona di Terlizzi, la Madonna di
Sovereto.
Non c'è quindi da
meravigliarsi se l'attenzione e l'interesse per la festa non era limitato a Terlizzi ma era esteso ai paesi vicini.
Nel corso degli anni i
festeggiamenti in onore di S. Gioacchino non si limitarono più alla solenne processione della domenica dopo il 16 agosto, ma vennero estesi a ben tre giorni come per le maggiori feste, con fuochi d'artificio,
luminarie, concerti bandistici, giochi
popolareschi e lanci di palloni
aereostatici.
Negli archivi ci sono note di particolari episodi successi
durante la festa di S. Gioacchino.
I più
significativi sono però quelli che spaziano dal 1846 a 1849 e sono viva e
interessante testimonianza dello spirito
risorgimentale.
E così, mentre alla Scala di Milano si applaudiva al grande musicista Giuseppe Verdi,
in mezzo al borgo a Terlizzi si osannava San Gioacchino; al grido di
W V.E.R.D.I. dei milanesi, faceva eco il grido
W SAN GIOACCHINO dei
terlizzesi.
Portando
trionfalmente in processione la statua del Santo, i
terlizzesi invocavano l'
unificazione d'Italia sotto un'unica bandiera. Nei colori del tricolore, infatti, era ed è tuttora avvolta la statua di S. Gioacchino: veste verde, fascia bianca sui fianchi e mantello rosso.
Anche i Confratelli portatori si adeguavano alla circostanza indossando ai piedi, sotto la mozzetta verde e il camice bianco, le scarpe rosse.
Quando la gendarmeria borbonica riuscì a individuare la natura di quegli evviva, intervenì
ripetutamente con la forza e
proibì l'incriminata processione che ebbe la sua ultima edizione nel 1848. In quello stesso anno venne
resistrato un forte passivo nell'ammontare delle spese necessarie a pagare i concerti bandistici, le
luminarie, "
le tremila e cinquecento (!)
bombe in aria", palloni
areostatici, e fuochi d'artificio.
Le solenni
celebrazioni in onore di S. Gioacchino vennero riprese dopo la parentesi
risorgimentale, ma da come si desume dai verbali dell'epoca, fu una ripresa in tono minore e non più tanto popolare.
Non si conosce l'anno preciso in cui essa non venne più effettuata e per quale motivo.
Mons. Gaetano Valente scrive: "
Il declino di una bella tradizione di fede e folklore intestato al culto di S, Gioacchino è un fenomeno del tutto scontato se inquadrato nel contesto del processo evolutivo dei tempi moderni"; Gabriele
Guastamacchia nel suo libro
I nomi terlizzesi scrive: "[...]
oggi la devozione di S, Gioacchino e fortemente in ribasso: la sua festa si è ridotta a una celebrazione di Congrega, senza larga partecipazione di popolo e senza processione. [...]
Anche il nome Gioacchino va perdendo sensibilmente quota. [...]
Non passerà molto tempo che S. Gioacchino sarà dimenticato del tutto dai terlizzesi."
E infatti, anche l'ultima tradizione rimasta, quella del
cosiddetto "ciuccio di San Gioacchino" oggi è scomparsa a causa delle difficoltà economiche riscontrate dalla
Confraternita.
Le ultime edizioni di questa esilarante festa popolare si tennero negli anni '70. La tradizione prevedeva che un fantoccio di asino (di fiori), detto l'asino di S. Gioacchino, spinto dallo scoppiare di petardi e da corde tirate da alcune persone, percorresse in su e giù alcune vie della città.

*testo liberamente tratto e rielaborato dal libro "Pagine di storia terlizzese"
di Mons. Gaetano Valente da Francesco De Nicolo
**Foto di Francesco De Nicolo