lunedì 7 marzo 2011

Tradizioni carnevalizie in declino: la corsa dell'anello e Toma

Il passaggio inesorabile del tempo lascia alcune cose e ne porta via altrettante.
Le tradizioni che ci sono giunte fino a noi sono dunque le "superstiti" del lungo corso del tempo e altre sono in ormai in fase di agonia. Uno degli obbiettivi del blog è proprio quello di ricordare le tradizioni perse e mantenere vivo quello delle esistente.
Una delle tradizioni carnevalizie di Terlizzi la cui ultima edizione si è tenuta diversi anni fa, era quella della "corsa dell'anello". Alcuni cavalieri vestiti a maschera, in sella dei propri destrieri, si sfidavano in una competizione che consisteva di cercare di centrare con uno spadino il foro di un anello appeso a mezz'aria attraverso un filo legato a due pali.
La folkloristica competizione che ha sicuramente avuto origine dalle giostre medioevali, veniva effettuata fino a qualche anno fa nel largo di via Torino. Personalmente ho avuto modo di assistere ad alcune edizioni da bambino.
A Molfetta una delle tradizioni in declino è quella di Toma, "u Toeme" (in dialetto molfettese) marito della Quarantana.
In passato, la serata del martedì grasso, i pescivendoli organizzavano una ballata carnevalesca che, partendo dalla porta della città vecchia, si snodava per le vie del borgo. Dall'Arco della Terra usciva un corteo funebre formato da uomini travestiti da lamentatrici, con veli neri sul capo, una candela in una mano e nell'altra una cordicella con dei pezzi di sughero infilati, come fosse un rosario. Uno dei pescivendoli travestito da curato, aveva in mano un libro aperto e con voce nasale pronunciava frasi in latino prive di senso intervallate da bestemmie. Seguiva un carretto trainato a mano o da un asino, su cui era disteso il cadavere di Toeme. Esso era un fantoccio di paglia con vestiti rattoppati e la testa, formata da una palla di carta di giornale accartocciato, nascosta da un cappello. Dietro al feretro venivano i parenti: la vedova Quarantana con le due comare e poi figli, fratelli, e altri che invocavano il suo nome decantandone le virtù e simulando strilli e singhiozzi.
Il corteo giungeva al borgo verso le 22 e il carretto riportato alla porta della città veniva rovesciato e e il fantoccio spogliato per poi essere bruciato sul molo.
Toma era l'allegoria del Carnevale che con le sue brevi e fasulle ore di allegria e divertimento, finiva per segnare l'inizio dell'astinenza, del digiuno e della penitenza della Quaresima. Infatti solo poche ore dopo il rogo di Toma, dalla chiesa del Purgatorio si snoda la processione della Croce con l'Arciconfraternita della Morte.



Testo di Francesco De Nicolo
Foto tratte da un giornale locale

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