Il Novecento a Terlizzi iniziò nel peggiore dei modi: una grave crisi agricola aveva fatto precipitare i prezzi dei prodotti agricoli. La situazione odierna è il risultato del secolo scorso e delle mancanze di un'Italia che non progettò nuove strutture stabili per l’economia del meridione. Le richieste del popolo erano pesantemente perseguitate dalla polizia regia , e in un clima fortemente intimidatorio, era diffìcile per i terlizzesi organizzare la protesta, e spesso le assemblee spontanee dei contadini erano disperse con la violenza dalla pubblica sicurezza. L'introduzione delle colture di uva e frutta riuscirono, dopo circa dieci anni ad arginare la crisi agricola e a cambiare anche il paesaggio delle campagne. Nonostante i miglioramenti in campo agricolo, Terlizzi si ritrovò a essere ad inizio secolo un grosso paese da circa venticinquemila abitanti ma con una economia insufficiente per rispondere alle esigenze della popolazione. Le poche possibilità di lavoro si infransero con la progressiva chiusura di tutte le imprese tipiche del paese come i molini, i pastifìci e le cave, che avevano dato lavoro a numerosi operai generici e specializzati. È allora che cominciò ad aprirsi il rubinetto dell’emigrazione con la fuga dall'arretratezza e dalla miseria. Ampi strati della popolazione terlizzesi scelsero di emigrare per le più svariate destinazioni, dall'Argentina al Brasile, dagli Stati Uniti all'Australia. La miseria si mischiò alla disperazione per le partenze e le morti della prima guerra mondiale. Tanti furono i caduti terlizzesi, e i problemi delle vedove, degli orfani e dei reduci divennero ben presto parte del programma del partito fascista. Ma l'antifascismo, tanto nel mondo cattolico che in quello di sinistra, continuava la sua attività sotterranea anche a Terlizzi. Alla caduta del fascismo dell'8 Settembre 1943 il Fronte Unico Antifascista iniziò le sue attività alla luce del sole istituendo il Comitato di Liberazione Nazionale. Il fascismo aveva lasciato a Terlizzi profondi segni di arretratezza culturale ed economica con un altissimo tasso di analfabetismo. Le testimonianze del regime furono rimosse tra cui l’effige del Duce con il suo proclama dell’Impero fascista poste sulla facciata del palazzo che chiude Piazza IV Novembre, accanto al Municipio. L’edificio ospita attualmente un orologio solare. L’8 settembre del 1843 segnò una svolta decisiva che, pose fine a uno dei periodi più drammatici della storia nazionale. Questo fu un giorno di gioia per tutti i terlizzesi, scesi in piazza a festeggiare l’Armistizio e la fine della guerra. Il paese iniziò a riorganizzarsi nella vita pubblica e sociale, nonostante la presenza degli alleati inglesi e americani. Nel 1945 si inaugurò il Cinema Astra, diventato in seguito Grassi e il Teatro Millico era molto spesso sede di numerose feste. I risultati del Referendum Costituzionale del 2 giugno 1946 attestavano Terlizzi come paese ancora legato alla monarchia, che ottenne il 71% delle preferenze contro il 28.9 % di coloro i quali scelsero la strada repubblicana. Tali dati risultano, in realtà, in linea con il voto dell’intera provincia di Bari. Le elezioni comunali dello stesso anno diedero la vittoria alla Democrazia Cristiana e segui un periodo di inaspettato benessere. Vennero avviati i lavori per la costruzione delle elementari infrastrutture tra cui l’Ospedale Civile, le Poste Italiane, l’energia elettrica -erogata solo nelle ore serali-, le case popolari di via Bovio, finanziate dal piano Marshall. Compito ancora più difficile fu quello di combattere il fertile mercato nero, sorto grazie anche alla collaborazione degli alleati. La disoccupazione toccò negli anni ’60 dei livelli preoccupanti tali da spingere le nuove generazioni a cercare lavoro altrove. L’amministrazione comunale intervenne ad incoraggiare i floricoltori locali con la costruzione del Mercato dei fiori al fine di impiegare la massiccia manodopera nella nascente attività locale, tutt’ora ancora molto viva e esercitata, nonché motivo di orgoglio a livello nazionale.
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