venerdì 11 settembre 2015

LE VERGINI SANSEVERESI: l'importanza di abbigliare la Madonna secondo tradizione

di Matteo Sacco


Delle numerose statue storiche della Beata Vergine Maria che si venerano in San Severo, la gran parte è costituita da manichini lignei napoletani, tutti Sette – Ottocenteschi e tutti provenienti da Napoli: l’Addolorata della nobile congregazione dei Morti, la Madonna del Rosario dell’omonima confraternita, la Madonna delle Grazie, titolare dell’omonima parrocchia, la Madonna della Cintura, venerata nella Collegiata di San Giovanni Battista, ed altre due Addolorate rispettivamente venerate in Santa Lucia e nella parrocchia della Libera. Più esiguo è il numero delle sculture a tutto tondo, anch’esse di scuola napoletana: la celeberrima statua della Madonna del Carmine, l’Assunta della Cattedrale, l’Immacolata custodita nella Chiesa della pietà e la Madonna della Libera, titolare dell’omonima parrocchia. Di particolare interesse sono anche le cd. SOLUZIONI MISTE,  ovvero quelle statue della Vergine che pur essendo a tutto tondo vengono tradizionalmente ricoperte di abiti.

I MANICHINI NAPOLETANI SETTE-OTTOCENTESCHI
  In genere le committenze preferivano il manichino alle sculture a tutto tondo quando avevano esigenze processionali: il tipico manichino napoletano, certamente più leggero, meglio si prestava agli esercizi di pietà e il suo fasto nei periodi festivi poteva essere esponenzialmente aumentato mediante l’acquisto di lussuosi abiti in seta ricamata. Gli abiti, esattamente come i simulacri, erano realizzati secondo i gusti dell’epoca e, cosa ancor più importante, secondo il modo tradizionale di abbigliare la Vergine in auge a Napoli tra il XVI e la prima metà del XX secolo. Tale tradizione prevedeva innanzi tutto che l’abito fosse composto da un’ampia gonna, da un corpetto più o meno accollato a seconda del periodo storico, da maniche a frate ritirate su ulteriori maniche a gigòt e da un ampio manto, più o meno lungo a seconda delle esigenze della committenza. Quanto al modo di vestire i manichini della Vergine, in genere le pesanti gonne ricamate erano rese vaporose da crinoline e gonfie sottovesti, mentre i due lembi del manto, prima di cadere a piombo, erano raccolti ai lati destro e sinistro della vita della Vergine. L’usanza è testimoniata anche dal fatto che le gonne presentano tutte un disegno di ricamo di forma pressoché triangolare, con due porzioni vacanti rispettivamente a sinistra e destra, proprio nel luogo in cui il manto raccolto pende sulla gonna terminando con nappe di canutiglia. A seconda dei costumi locali poi il manto poteva essere ulteriormente raccolto in ampio piegone sul retro della statua.
Grazie alla documentazione fotografica abbiamo la certezza che tutti i manichini napoletani della Vergine a San Severo fossero in origine vestiti secondo la più autentica tradizione napoletana.
Sul finire dell’Ottocento accadde però uno spiacevole incidente, che le fonti descrivono in modo abbastanza approssimativo quasi a voler glissare l’accaduto: durante il tradizionale incontro del Venerdì Santo, che all’epoca si teneva il Largo Cappuccini, la Vergine Addolorata si ruppe cadendo rovinosamente. I Confratelli della nobile congrega della Morte, che ne erano i custodi, diedero la colpa al vento molto forte. Il vero motivo era che la statua della Madonna aveva alle spalle già più di un secolo e mezzo di processioni, e dopo più di 50 anni di corsa per l’incontro la sua staticità era abbondantemente compromessa. Il simulacro fu poi restaurato, ma ripristinata l’usanza i confratelli decisero di cambiare il modo di vestire la statua, letteralmente “impacchettandola” e fissando ogni centimetro del manto al resto della veste, con un risultato deleterio per l’impatto scenico del manichino. Fu questo il primo caso di interruzione dell’antica maniera di vestire la Madonna; le altre parrocchie e confraternite continuarono nel solco della tradizione ancora per poco. Nella prima metà del Novecento infatti si perse la buona abitudine di raccogliere i manti delle Vergini in vita, o imitando la maniera in cui la Madonna del Soccorso era vestita o semplicemente facendo cadere il manto a piombo. In entrambi i casi la tradizione veniva travisata ed andavano perduti secoli di storia iconografica. Si perse anche l'uso delle ampie sottovesti.
Fortunatamente, grazie ad attente ricerche, si è riusciti a risalire allo status quo ante i cambiamenti novecenteschi, ed una delle realtà laicali, l’Arciconfraternita del SS. Rosario, responsabile del culto della Madonna del Rosario, manichino settecentesco di Giacomo Colombo (firmato), ha ripristinato l’antica maniera di vestire la Vergine, tornando all’originaria solennità della mise e conferendo all’effige quell’antico fasto che si era perduto nel corso del XX secolo. Il confronto fotografico evidenzia risultati sorprendenti. 

La statua della Madonna del Rosario prima e dopo il ripristino

LE SOLUZIONI MISTE: le statue a tutto tondo vestite
Ne fanno parte la Madonna del Soccorso, patrona della città, e la Madonna dell’Oliveto, entrambe sculture tardogotiche risalenti al XIV secolo, più volte restaurate ed aggiornate nel corso della storia, e ricoperte di sfarzosi abiti in seta ricamata in oro dal XIX secolo fino ai giorni nostri. In tutti e due i casi i manti non erano raccolti in vita ma accomodati sulle spalle e pendenti sulle ginocchia a mo’ di scialle, essendo entrambe le effigi assise in trono. La Madonna della Sanità invece, giunta a San Severo come manichino ed immediatamente ricoperta di tela gessata, indossava fino agli anni ’60 del Novecento due ampi colletti ricamati ed orlati d’oro, uno per la Vergine ed uno per il Bambino, ed un ampio manto in tulle e pizzo.
A seguire proponiamo una serie di confronti fotografici PRIMA-DOPO i cambiamenti.

La Madonna delle Grazie all'inizio del Novecento ed oggi


La statua della Madonna della Cintura all'inizio del Novecento ed oggi

La statua della Madonna della Sanità all'inizio del Novecento ed oggi
Foto e testo a cura di Matteo Sacco

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