lunedì 24 marzo 2008

IN RICORDO DEI CONCITTADINI TRUCIDATI


IN RICORDO DEI CONCITTADINI TRUCIDATI


Sono passati 64 anni dall' abominevole eccidio che si compì a Roma il 24 Marzo del 1944, per mano delle truppe di occupazione tedesche, presso alcune cave vicine alla via Ardeatina.



Nell' eccidio, avvenuto per vendicare un attacco partigiano contro le truppe germaniche accaduto il giorno prima in via Rasella, morirono 335 civili italiani, catturati con rastrellamento dalle zone limitrofe a via Rasella. Tra questi ricordiamo i nostri due concittadini Don Pietro Pappagallo e Gioacchino Gesmundo.

Don Pietro Pappagallo, nato a Terlizzi il 28 giugno del 1888, è noto principalmente per il suo impegno - durante la Seconda guerra mondiale - nel fornire ausilio alle vittime del nazi-fascismo. Giunto a Roma nel 1925, don Pappagallo fece parte del Collegio dei Beneficiati della Basilica di Santa Maria Maggiore e padre spirituale delle Suore di Gesù Bambino di via Urbana; fu anche vice parroco della Basilica di San Giovanni in Laterano e segretario del cardinale Ceretti. Durante l'occupazione tedesca, il sacerdote si impegnò nel fornire aiuto a soldati, partigiani, alleati, ebrei ed altre persone ricercate dal regime. Il 29 gennaio 1944, il sacerdote fu arrestato dalle S.S.. Condannato a morte, fu giustiziato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine. Alcuni testimoni hanno riferito che, anche durante il periodo della prigionia, don Pappagallo condivise il proprio pasto con altri ristretti che non avevano ricevuto cibo.

Gioacchino Gesmundo, nato a Terlizzi il 20 Novembre 1908, è stato un partigiano italiano.
Fu professore di storia e filosofia al Liceo Cavour di Roma. Fu da sempre un anti-fascista, e sebbene i suoi metodi adottti per affrontare il fascismo sono discutibili, svolse un ruolo determinnte nelle operazioni prtigine. Il 29 gennaio 1944 la polizia fascista fece irruzione nel suo appartamento dove furono rinvenuti sacchi contenenti chiodi a tre punte (si scoprirà in seguito che Gesmundo stava organizzando un attentato ai danni dei trasporti tedeschi). Venne dunque arrestato e tradotto nelle carceri di via Tasso (la sua cella è stata la n.13) per essere interrogato. Qui venne torturato per circa un mese. Fu condannato dal tribunale di guerra tedesco alla pena capitale. Affrontò la morte alle Fosse Ardeatine.

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