Per l'occasione sono intervenuti il Priore dell'Arciconfraternita di Santo Stefano Giuseppe Saverio Poli; don Michele Amorosini, direttore del Museo Diocesano; la dottoressa Rosa Lorusso, direttrice dei lavori di restauro; il Vescovo Luigi Martella e il sindaco della città Antonio Azzolini.
A prendere per primo la parola è stato il neo priore della venerabile confraternita del "Sacco rosso" che ha introdotto il lavoro di restauro sottolineando l'inalienabile legame affettivo tra i molfettesi e le statue cinquecentesche dei Misteri.
Il priore Poli, nelle cui parole era possibile percepire un reale sentimento di commozione, ha poi ringraziato il sindaco Azzolini per essere riuscito ad ottenere dal Senato della Repubblica il denaro necessario per il restauro delle statue e per la tutela della chiesa trecentesca di Santo Stefano.
Il priore ha poi lasciato la parola a don Michele Amorosini che, oltre ad essere direttore del Museo Diocesano e del Seminario Vescovile, è anche padre spirituale dell'Arciconfraternita di S. Stefano. Don Michele ha voluto sottolineare l'impegno del Museo Diocesano nella tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico della diocesi ricordando le iniziative già svolte come quella del recupero della tela Cristo flagellato della chiesa di San Pietro a Molfetta.
E' quindi intervenuta la dottoressa Lorusso che ha esordito con l'affermare che, seppure le statue non fossero in condizioni irreparabili, l'intervento di restauro era ormai diventato indispensabile.
Prima di illustrare le fasi del restauro, la dottoressa Lorusso ha esposto una interessante relazione comparativa delle statue molfettesi con quelle coeve. In questa circostanza la restauratrice ha escluso inequivocabilmente che i cinque Misteri di Molfetta possano essere stati prodotti a Venezia da Giacomo Fielle, l'artista che la tradizione riporta come scultore delle statue.
Venezia del resto non era un centro produttivo di statue. Tale ruolo era assolto infatti da Napoli, città nella quale esistevano numerosissime botteghe d'arte e di scultura. Nelle botteghe napoletane si scolpivano simulacri conformi ai nuovi canoni artistici dettati dal Concilio di Trento.
Sempre a Napoli poi si eseguivano statue con la tecnica della damaschinatura, tecnica che l'anonimo scultore utilizzò per eseguire le vesti di Cristo nell'orto, dell'Ecce Homo, di Cristo portacroce e i perizoma di Cristo alla colonna e Cristo morto.
A questo punto Rosa Lorusso, affiancata dalla sua collaboratrice, ha esposto le fasi di restauro.
Le operazioni sono iniziate il 15 luglio 2011 quando le statue sono state sottoposte a disinfestazione anti tarlatura. E' stato comunque precisato che persiste il timore che tale intervento antitarlatura non sia stato risolutivo e che il problema dell'attacco di insetti xilofagi possa ripresentarsi.
Per quanto riguarda Cristo nell'orto, che come sappiamo è una copia ottocentesca dell'originale Mistero del '500, sono state illustrate le problematiche riguardo la veste del Cristo che nella parte del retro era completamente annerita. Per quanto riguarda il Cristo Morto, infine, sono stati rimossi gli strati di ridipintura che hanno fatto affiorare l'originale policromia dell'incarnato e del perizoma in estofado de oro.
In conclusione la dottoressa Lorusso ha affermato che i simulacri, oltre ad essere massicciamente attaccate dai tarli sono soggette al'azione devastante dell'umidità. A soffrire di tali problematiche è in particolar modo la statua di Cristo morto che per la sua collocazione è più esposta all'umidità.
Suscitando grande scalpore tra il numeroso pubblico accorso all'evento, la restauratrice ha affermato che andrebbe seriamente ripensato il fatto di portare in processione le statue cinquecentesche, sostituendole magari con fedeli copie. Andrebbe adeguata anche la collocazione dei Misteri nella chiesa di Santo Stefano che, per la vicinanza al mare, è fortemente soggetta all'azione dell'umidità.
Il Priore, riprendendo la parola, ha però ribadito l'impossibilità di ipotizzare una sostituzione in quanto il legame tra le statue dei Misteri e i molfettesi è indissolubile.
Successivamente è intervenuto Mons. Martella che, vista l'impossibilità di andare contro una forma di pietà popolare quale l'attaccamento dei molfettesi ai Misteri cinquecenteschi, ha auspicato che le statue siano continuamente monitorate e salvaguardate dal rischio dell'incuria. Mons. Martella ha inoltre ribadito l'importanza del Museo Diocesano quale contenitore di opere d'arte da tutti invidiato, auspicando che tutte le opere d'arte "nascoste" all'interno delle chiese, possano essere trasferite all'interno del Museo.
La conferenza si è conclusa con l'intervento del sindaco Azzolini che ha sottolineato l'importanza di creare, a cominciare dalle scuole, una forma di etica della salvaguardia dell'arte e ha inoltre invitato i responsabili di tali ruoli a monitorare, oltra la chiesa di Santo Stefano, anche un'altra chiesa soggetta al problema dell'umidità, la chiesa del Purgatorio che conserva le statue del Sabato Santo di Giulio Cozzoli.
Testo di Francesco De Nicolo
Foto tratta dal Museo Diocesano
Foto tratta dal Museo Diocesano
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