martedì 10 maggio 2011

La "Medonne du tremelizze"

L'11 maggio di ogni anno, Molfetta celebra la sua Patrona con il titolo di "Medonne du tremelizze", ossia Madonna del terremoto.
Si ricorda, infatti, in questo giorno, la terribile scossa tellurica che coinvolse diverse città pugliesi all'alba dell'11 maggio 1560: tra le tante, le vicine Barletta e Bisceglie riportarono danni ingenti per quanto riguarda gli edifici e, soprattutto, annoverarono un gran numero di vittime.
Nel panico, nell'agitazione di quel momento, tutti i molfettesi si radunarono presso il Borgo e, con l'allora vescovo Mons. Nicola Maiorano, si diressero verso il Santuario della Madonna dei Martiri, in un clima di preghiera collettiva, invocando la potente intercessione della Madre Celeste affinchè risparmiasse i suoi figli devoti... e così fù! Miracolosamente la città di Molfetta non riportò gravi danni e per questo motivo, pieni di riconoscenza e gratitudine verso la Madonna, i cittadini vollero l'istituzione della festa della Medonne du Tremelizze: l'11 maggio di ogni anno, la cittadinanza si reca pellegrina nel Santuario mariano, per ricordare l'evento e ringraziare la Vergine dei Martiri.
In quel lontano 1560, l'Università di Molfetta deliberò di porre l'immagine della Madonna sullo stemma cittadino, che si può osservare in Via Piazza, nella città antica.
In occasione della festa della "Madonna del terremoto", l'Icona viene consegnata ad una parrocchia della città, per far ritorno poi, l'11 maggio, al suo Santuario. La parrocchia ospitante, inoltre, si impegna a donare l'olio che alimenta la lampada votiva che arde incessantemente, per tutto l'anno, di fronte alla statua della Madonna in Basilica.
Quest'anno, il 4 maggio, l'Icona è stata accolta presso la parrocchia San Pio X. L'11 maggio, dopo l'atto di consacrazione della comunità parrocchiale alla Madonna,alle ore 19 partirà la processione per il rientro nel Santuario. Seguirà la solenne celebrazione di offerta dell'olio, in presenza delle autorità civili, militari e dei cittadini tutti.
Foto e testo di Maria Cristina Roselli

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